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Il futuro della ricerca? Maggiore integrazione tra enti ma senza i vincoli della pubblica amministrazione

di Zammù TV e Mariano Campo

A poche settimane dal suo insediamento al vertice del più importante ente di ricerca italiano, il presidente del Cnr Massimo Inguscio è stato ospite dell’Ateneo su invito del rettore Giacomo Pignataro. In video i loro interventi




«Maggiore integrazione tra i diversi soggetti della ricerca pubblica». È quanto ha auspicato il rettore dell’Università di Catania Giacomo Pignataro incontrando – venerdì 8 aprile - il nuovo presidente del Cnr Massimo Inguscio, ospite dell’Ateneo nell’aula magna del Palazzo Centrale per l'incontro dal titolo “Il futuro della ricerca. Cnr e Università insieme per l’innovazione”.

Erano presenti all’incontro numerosi rappresentanti dei dipartimenti universitari catanesi, oltre al presidente dell’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia Stefano Gresta e una delegazione dei Laboratori nazionali del Sud dell’Istituto nazionale di Fisica nucleare, guidata dal direttore dei Lns Giacomo Cuttone. «Da decenni l’Università di Catania collabora attivamente e con successo con i diversi istituti del Cnr presenti nel territorio – ha spiegato il rettore Pignataro -. In questo contesto si evidenzia soprattutto la necessità di una collaborazione continua con gli altri enti, quali Istituto nazionale di Fisica nucleare, Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia e Istituto nazionale di Astrofisica, che testimoniano la presenza nella nostra città di una massa critica di ricerca pubblica in grado di costituire la base per un progetto di sviluppo territoriale basato sull’innovazione».

«L’integrazione – secondo il rettore – si realizza abbattendo gli steccati amministrativi tra atenei ed enti come Infn, Ingv, Inaf e lo stesso Cnr, e offrendo la possibilità di realizzare programmi di formazione come i dottorati in sinergia, favorendo la mobilità reciproca tra docenti e ricercatori, l’uso comune di facilities e strutture, e avanzando proposte comuni di sinergia tra il mondo della ricerca e della produzione, per giungere a concreti risultati di innovazione tecnologica e sociale».

«Un altro dei gap da colmare, soprattutto nel Mezzogiorno – ha evidenziato Pignataro – consiste nel reale rafforzamento del potenziale di ricerca: basti pensare che ad oggi il numero di addetti alla ricerca nel Centro Nord del Paese è circa 3-4 volte superiore rispetto a quelli presenti in Sicilia. Ma per risolvere quella che va considerata come una vera e propria "emergenza" meridionale, noi non chiediamo statuti o privilegi particolari, ma soltanto pari opportunità di sviluppo che ci consentirebbero di coltivare, evitando perniciosissime parcellizzazioni che purtroppo in passato si sono verificate, quella massa critica di intelligenze in grado di renderci competitivi nell’attrazione e nell’uso virtuoso dei fondi europei del Fesr o del Piano di sviluppo rurale».

«Dobbiamo saper cogliere l’occasione che ci offre questo momento storico – ha spiegato il professore Inguscio, che ha accolto l’invito dell’Ateneo a poche settimane dal suo insediamento al vertice del più importante ente di ricerca italiano - con alcune disposizioni legislative contenute nella legge delega di riforma del ministro Madia che, ci auguriamo, riusciranno finalmente a liberare la ricerca dai vincoli della pubblica amministrazione, ad esempio in termini di reclutamento e di apertura ai giovani e giovanissimi, dai quali – per duttilità e attitudine alla mobilità – ci possiamo attendere quella curiosità nell’intraprendere strade non ancora battute che possono portare a scoperte concrete ed effettive». Inguscio ha poi approfondito alcune delle criticità del sistema della ricerca pubblica evidenziate negli ultimi decenni, indicando a grandi linee quali possono essere le vie d’uscita per "sbloccare" un settore che rimane strategico per il Paese: «Favorire l’aggregazione degli istituti e delle strutture, sulla base di progetti che accomunino gli obiettivi, evitando doppioni e interessi particolaristici; incentivare la mobilità tra enti e atenei, e all’interno degli stessi atenei, come avveniva in passato, a scapito di un localismo esasperato che quasi mai porta buoni frutti; sostenere, attraverso una razionalizzazione scientifica ed economica, soprattutto quei progetti orientati a fantasia, curiosità e scoperta».