Grazie all'installazione di un telescopio muonico, una ricerca multidisciplinare condotta dall'Università di Catania ha potuto studiare l'interno del cratere di nord-est, raccogliendo preziose informazioni per il monitoraggio di future eruzioni
Il video integrale sarà mostrato in anteprima venerdì 27 novembre 2020 in occasione della manifestazione Sharper Night Catania 2020 - Notte europea dei ricercatori.
Per i catanesi, da sempre, l’Etna è più che un vulcano. ‘A Muntagna, per chi è abituato a conviverci, è una creatura vivente, una Madre difficile che accoglie e respinge, bellissima e iraconda. Maestosa con i suoi 3.350 metri di altezza che la eleggono vulcano attivo più alto d’Europa e Patrimonio dell’Umanità, ha una struttura interna complessa e affascinante.
Una ricerca multidisciplinare dell'Università di Catania, condotta dal Dipartimento di Fisica e Astronomia insieme a INAF - Osservatorio Astrofisico etneo, Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali e INFN ha consentito, attraverso l’installazione di un telescopio muonico alla base del cratere di nord-est, di guardare all'interno del vulcano e di radiografarlo, come fosse un corpo umano, utilizzando i muoni al posto dei raggi X.
Lo studio, riportato nell’articolo “Muographic monitoring of the volcano-tectonic evolution of Mount Etna”, pubblicato su Scientific Reports e firmato da Domenico Lo Presti, Francesco Riggi, Carmelo Ferlito, Danilo Luigi Bonanno, Giovanni Bonanno, Giuseppe Gallo, Paola La Rocca, Santo Reito e Giuseppe Romeo, è stato condotto fra l’agosto del 2017 e l’ottobre del 2019 e ha documentato il collasso del pavimento lavico del cratere esaminato.
In video, Francesco Riggi, Domenico Lo Presti e Carmelo Ferlito raccontano la loro ricerca, illustrando i procedimenti e la strumentazione scientifica utilizzata e l’importanza dei risultati a cui sono pervenuti.
«La Terra è bombardata in continuazione da una radiazione che viene dall’esterno, la radiazione cosmica», spiega Francesco Riggi, docente di Fisica Sperimentale. «A livello del mare, è costituita in buona parte da particelle che noi chiamiamo muoni, particelle cariche molto penetranti, capaci di attraversare spessori di materia di decine o centinaia di metri».
Analogamente alla radiografia, che sfrutta i raggi X per fotografare l’interno dei corpi, «la radiografia muonica sfrutta i muoni per radiografare un oggetto di grandi dimensioni», come, appunto, i crateri dell’Etna.
«Il passaggio alla muografia è stato naturale – precisa Domenico Lo Presti, docente di Fisica Sperimentale e a capo del team di ricerca – è un’applicazione delle nostre tecniche a un problema specifico, cioè misurare la mappa di densità interna del cratere».
Grazie al telescopio muonico «è stato possibile contare quanti muoni passano in tutte le direzioni che stanno all’interno del suo campo di vista», prosegue Lo Presti. «Se proiettiamo queste direzioni su un piano otteniamo un’immagine confrontabile con quella che è possibile scattare con una macchina fotografica, ma si tratta di una radiografia».
La ricerca effettuata non può prescindere dall'apporto dei vulcanologi, essenziali per una lettura "geologica" dei risultati: «il contributo della vulcanologia alla ricerca muografica è essenzialmente legato all’interpretazione del dato, alla fase in cui bisogna ricavare un significato di tipo geologico» sottolinea Carmelo Ferlito, docente di Geochimica e Vulcanologia.
«Il nostro studio – continua Ferlito - ha avuto il pregio di riuscire a capire l’andamento delle fratture al di sotto del cratere di nord-est e di intuire come si evolvono nel tempo. Queste informazioni potranno essere in futuro utilizzate per cercare di monitorare non solo l’andamento e l’evoluzione del cratere di nord-est, ma anche delle eruzioni future».
Regia e interviste: Giuliano Severini
Riprese: Giorgio Raito, Dario Grasso e Giuliano Severini
Montaggio ed elaborazioni grafiche: Giuliano Severini
Post produzione audio: Salvo Noto