Il presidente della Crui Stefano Paleari a Catania: «Occorre arrestare la deriva dei tagli agli atenei, favorire mobilità, diritto allo studio e reclutamento di giovani ricercatori»
«L’Università italiana è un bene pubblico, e come tale ritengo vada difesa e sostenuta dal Governo come invece non è stato fatto negli ultimi anni». Il rischio, ha affermato il presidente della Conferenza dei rettori delle Università italiane, il rettore di Bergamo Stefano Paleari, intervenendo questa mattina nell’aula magna dell’Ateneo catanese, è che «a lungo andare si crei una società nella quale soltanto una ridottissima percentuale detiene il potere economico, la conoscenza e l’istruzione, a scapito di una maggioranza di esclusi da ogni opportunità di miglioramento sociale». (Riascolta la conferenza su Radio Zammù)
L’analisi tracciata dal portavoce dei rettori italiani, invitato dal rettore Giacomo Pignataro a parlare di “Università, Italia e Sud. Conoscenza, sviluppo e unità del Paese”, ha preso in esame i principali fattori di crisi del sistema universitario italiano, partendo proprio dalle cifre riguardanti gli atenei del Sud e siciliani in particolare, fornite da Pignataro, attuale coordinatore dei rettori siciliani.
«Dal 2007 ad oggi – ha indicato Pignataro, citando i recenti rapporti Alma Laurea e Istat – ben 6 mila giovani siciliani hanno scelto di non iscriversi più in un ateneo italiano: il 22% in meno, a testimonianza di una progressiva riduzione dello spazio dell’istruzione pubblica nel nostro Paese e nel Meridione. Ciò comporta che intere generazioni di giovani rischiano di essere tagliate fuori da ogni occasione di mobilità sociale e occupazione qualificata. Dev’essere questa la priorità politica di chi ci governa».
Per Paleari, di fronte ad uno scenario francamente allarmante, la via d’uscita può essere soltanto quella di arrestare la deriva dei tagli all’Università: «Occorre impiegare le risorse nella costruzione di un efficace diritto allo studio, a sostegno dei capaci e meritevoli, reclutare in maniera stabile giovani ricercatori che consentano di abbassare l’età media del corpo docente, semplificare le procedure amministrative delle università, che rivendicano una propria diversità di obiettivi e di status rispetto a tutte le altre pubbliche amministrazioni, introdurre meccanismi in grado di premiare i migliori senza penalizzare chi non riesce ad avere le stesse performance: in altre parole, oltre all’eccellenza va incentivata la qualità media del sistema».
In particolare, le università del Sud che, con il nuovo sistema di finanziamenti introdotto dalla legge Gelmini del 2010, attualmente vengono penalizzate dalla quota premiale legata a fattori come la qualità della ricerca, per il presidente della Crui, devono essere messe in grado «di non perdere più iscritti, anzi di recuperarne, e di migliorarsi nei settori che vengono fatti oggetto di valutazione come la didattica e la ricerca».
«Ancora oggi, però – ha concluso con ottimismo -, grazie alla bravura e all’impegno di molti docenti, alle capacità dei nostri studenti laureati e ricercatori, possiamo affermare con certezza che l’Università è l’unica istituzione in grado di unificare il Paese».