La presidente della Camera visita il capoluogo etneo e fa tappa all'Università, dove tre ex allievi della Scuola superiore raccontano la loro storia che li ha portati a raggiungere posizioni di prestigio in aziende e istituzioni italiane ed estere. «Se l'Europa è nata con le Università, la crisi delle Università può farla morire», ha detto il rettore Giacomo Pignataro
La presidente della Camera ospite dell'Ateneo catanese per un incontro sui giovani talenti del Sud. Tre ex allievi della Scuola superiore di Catania - Luca Naso, Emanuele Francesco Pecora, Filippo Caruso - che oggi ricoprono posizioni di prestigio in aziende e istituzioni italiane ed estere, hanno raccontato la loro esperienza.
«Ritengo molto significativo - ha detto il rettore Giacomo Pignataro nel suo intervento di benvenuto - che lei abbia voluto riservare uno spazio importante della sua visita in Sicilia all'università, partecipando ad iniziative che mettono al centro dell'attenzione della pubblica opinione il grande valore sociale del lavoro che, con grande impegno e passione, si svolge nei nostri atenei. Oggi, anche a latitudini geografiche dove si smarrisce spesso il senso di questo orizzonte, intendiamo rappresentare un futuro possibile, raccontato attraverso le storie di coloro che sono, che devono essere, i protagonisti naturali del futuro, i giovani».Il rettore cita anche Umberto Eco: «L'idea di una possibile identità europea nasce ben prima della costruzione economica dell'Europa, nasce con la fondazione della prima università, a Bologna nel 1088, e, a seguire, con i clerici che si spostavano di città in città, di nazione in nazione».
«Se l'Europa è nata con le università, la crisi delle università può farla morire. È davanti a tutti noi il disastro della Grecia e, in questo disastro, c'è anche il rischio di chiusura di 8 atenei e il licenziamento di 12 mila persone. Se, pertanto, vogliamo dare concretezza alle parole sull'importanza della conoscenza, il nostro Paese, sia nella sua parte pubblica sia in quella privata, deve avere il coraggio e la volontà di realizzare un grande investimento nell'Università, perché, purtroppo, alle storie di successo dei nostri talenti, che rappresentiamo quest'oggi, ne corrispondono altre di altrettanto capaci giovani, a cui sta mancando l'opportunità di essere coltivati nel loro talento e di dimostrare ciò che valgono. Sono, purtroppo, ben noti i dati che ci dicono di come tanti giovani rinuncino all'istruzione universitaria e di come tanti altri abbandonino il nostro Paese per non farvi più ritorno. Investire nell'università, allora, non significa alimentare le presunte rendite di chi lavora in queste strutture, significa dare un'opportunità a questi giovani».