La lectio del professor Massimo Cacciari alla cerimonia di inaugurazione dell'anno accademico 2015/16 che si è svolta ieri nell'aula magna "Santo Mazzarino" del Monastero dei Benedettini di Catania
«Se l'Europa torna ad alzare barriere, muraglie, fili spinati, allora sappia che è destinata ad una mortifera e inevitabile decadenza perché le frontiere saranno spazzate via». Non ha dubbi Massimo Cacciari, e scandisce ancor più chiaramente alcuni passaggi chiave del suo intervento alla cerimonia d'inaugurazione dell'anno accademico 2015/16 dell'Università di Catania.
Il filosofo veneziano, che ha voluto dedicare la sua prolusione ai due grandi pensatori catanesi recentemente scomparsi, Pietro Barcellona e Manlio Sgalambro, si è soffermato sui concetti di "luogo" e "confine": «Un tema propriamente europeo - ha affermato -, dal quale però scaturiscono aspetti particolarmente tragici per la Sicilia, terra storicamente di confine, incontro e scontro di civiltà, ultima frontiera dell'Unione rispetto alle grandi e inarrestabili migrazioni da Africa e Medio Oriente».
Spetta proprio alle università europee, per Cacciari, come è già accaduto tra il 1100 e il 1200, farsi portatrici di un «grande cambiamento di mentalità, devono guidare il risveglio dell'Europa, affinché essa inizi seriamente a meditare sull'altra sponda e su se stessa, tornando ad essere "luogo" attraverso il proprio "logos"». Le barriere, ha detto ancora Cacciari, devono trasformarsi in "soglie", quegli elementi della casa che invitano al movimento dall'esterno verso l'interno. E i "luoghi" non vanno più intesi come spazi circoscritti, ben delimitate come vasche di pesciolini rossi, come purtroppo avviene da almeno un paio di generazioni, bensì come "topos" da costruire con il nostro fattivo movimento, estesi fin dove riesce a giungere il nostro sguardo. Ma la domanda è, appunto: fin dove arriva lo sguardo dell'Europa? E perché da tempo non si assiste ad una vera politica mediterranea ma si tende soltanto a realizzare contenitori, scatole, fortilizi e a fare dell'Unione un'entità portata a vivere di sola moneta?».
Non è vero, sostiene il filosofo, che privilegiando la relazione con l'altro alla fine si rinunci alla propria identità: «Tutt'altro: definire le soglie non significa voler distruggere il proprio luogo. Al contrario, significa dimostrare un'identità così forte e consolidata da riuscire a gestire bene la relazione con gli altri popoli, le loro esigenze e le loro culture». Molti pensatori - ricorda Cacciari - lo avevano già profetizzato all'indomani della Seconda Guerra Mondiale: «Se il Vecchio Continente venisse concepito come una casa in cui abitare, escludendo il suo "essere confine", finirà ben presto per essere drammaticamente accerchiata da masse assolutamente proletarizzate di altre culture e altre civiltà».
In questo scenario potenzialmente tragico, Cacciari individua un unico soggetto capace di ribaltare questo declino: «Gli atenei europei devono tornare ad assumere quel ruolo guida che ebbero in passato. Ma è bene sottolineare che - ha concluso Cacciari, condividendo alcuni punti espressi dal rettore Giacomo Pignataro nella sua relazione - questa azione propulsiva delle università dev'essere sostenuta da un forte movimento di opinione pubblica, in grado di far capire alla politica che non è più tollerabile che l'Italia abbia percentuali così basse di giovani laureati e che è invece assolutamente prioritario investire in formazione, ricerca e diritto allo studio».