Lectio del prof. Ivano Dionigi alla Scuola Superiore di Catania, alla scoperta del vero messaggio dell'autore del De rerum natura
Un poeta maledetto, secondo l’immagine cara ai romantici, o un marxista ante litteram, spinto dalla volontà di liberare le masse dal terrore dell’alienazione politica e religiosa?
Chi era veramente Lucrezio, un uomo di cui sappiamo veramente poco ma che nel corso dei secoli è stato definito in vari modi, decretandone fortune o, più spesso, sfortune? E qual è il vero insegnamento del De rerum natura?
Il prof. Ivano Dionigi, ordinario di Lingua e Letteratura latina all’Università degli studi di Bologna, ha tenuto una lectio alla Scuola superiore di Catania, dal titolo Lucrezio: l’apostolo della ragione, passando in rassegna le interpretazioni che si sono via via susseguite sulla sua figura, e che ne hanno esaltato quasi all'unanimità la sublīmis tecnica poetica e altrettanto spesso biasimato il pensiero.
“C’è chi ha messo in evidenza la sua personalità forte con prospettiva psicanalitica – ha spiegato Dionigi -, compiacente con il toposche si sarebbe suicidato per amore all’età di 44 anni. Di lui si sono occupati psichiatri, esistenzialisti, romantici… E c’è chi invece offre una lettura completamente opposta, che fa perno sul pensiero forte del De rerum natura, sulla sua concezione materialistica, al punto da considerare Lucrezio, notoriamente un impenitente aristocratico, un vero e proprio antenato di Marx. E questa è un’oscillazione che condiziona tutta la fortuna o sfortuna lucreziana”.
Quasi tutti i suoi contemporanei sono d’accordo sulla componente linguistica: il suo linguaggio è tecnicamente solido, dotato di multa ars, sublīmis, elegantis et difficilis. Sul suo messaggio, ha osservato il docente, si è invece esercitata quasi una ‘congiura del silenzio’, che si protrarrà fino alla riscoperta nel Quattrocento, o addirittura la condanna da parte del Cristianesimo, per il suo ateismo. Di una cosa è certo, però, Dionigi: “Se lo leggi, ti rimane addosso”.