I Blonde Redhead sono gli headliners della prima serata di Zanne Festival, la rassegna musicale che dal 18 luglio, al Parco Gioeni di Catania, ha fatto calcare il palco ad alcune tra le migliori band della scena rock internazionale. Gli inglesi TOY inaugurano Zanne fra shoegaze e psichedelia. Il reportage della prima serata di Barbara Oliveri
La prima serata è aperta dagli inglesi TOY . La lunga fila fatta per entrare ha moltiplicato la voglia di sentire dal vivo il loro shoegaze psichedelico. Occupano tutto il palco, insieme alla strumentazione. Look anni '70, Tom Dougall, la voce, indossa una maglia a collo alto. Nera. Come spesso fa nei suoi live. A colorare la scena, oltre alle luci psichedeliche e impazzite, l'abito rosso di Alejandra Diaz, alla tastiera. L'elettronica è soft. Ed è nell'aria. Più di un'ora di live per la band di Brighton. Riscaldano l'atmosfera e la preparano per l'ingresso degli headliners Blonde Redhead. Are you leaving to find someone else? Cantano. E noi non ce ne andiamo, non li molliamo.
È una favola,
arrivano palloni giganti di gomma. Colorati. Volanti. Sopra di noi.
Poi i coriandoli. E il live si fa più vivo e coinvolgente. Ci
suonano l'ultimo pezzo, dopo i cinque scendono dal palco. È un
momento di pausa che sembra non finire mai.
Poi i Blonde Redhead on
stage. Simone alla batteria, Amedeo alla chitarra. Kazu Makino, la
voce, prende in mano la chitarra elettrica
. Indossa un maxi abito
bianco che la copre fin sopra le ginocchia. Frangetta scura sul
volto, sembra una visione angelica fra i riccioli rock dei gemelli
Amedeo e Simone Pace. Si comincia. Si comincia con
Falling man. Dopo
qualche pezzo Kazu raccoglie i capelli in una coda. Fa caldo.
Fa
troppo caldo lì sul palco con le luci puntate addosso e il fiato
umidiccio e forse anche un po’ alcolico di centinaia di persone
che ondeggiano seguendo il ritmo. Siamo ipnotizzati. Non riusciamo a
staccare gli occhi da quel trio. A cinquanta centimetri dalla cassa
sotto al palco, i bassi sono morbidi ma ti stravolgono a ogni tasto
premuto sulla tastiera, su quella del basso, sul sintetizzatore,
sulla gran cassa della batteria. Sento qualcuno urlare troppo forte,
dice che
«se ad un concerto puoi parlare con il tuo vicino e
riuscite a sentirvi senza gridare, beh allora c’è qualcosa che non
va»
. Quindi qui va tutto alla grande. Kazu mette giù la chitarra,
prende il microfono in mano e si mette in un angolo, si allontana dal
centro del palco. Sembra essere da sola, comincia a cantare, guarda
Amedeo negli occhi, allontana il microfono dalle labbra, fa un gesto
con la mano come se volesse chiarire a se stessa quando dovrà
cominciare a cantare per rientrare a tempo con la chitarra. Sembra
aver sbagliato. O forse no. Parte un applauso che copre i suoi gesti,
le sue parole. E sembra tutto perfetto.
I Blonde Redhead dal vivo
rendono ancora meglio che in cuffia. Sono vibranti, appassionati e
appassionanti.
Cantano l’ultimo pezzo. Poi quell’armonia perfetta
si ferma, le luci si abbassano, i tre scendono dal palco. Hanno
finito.
Ci riuniamo tutti in una sola voce: «Fuori! Fuori! Fuori!». La mezzanotte è ormai passata, si avvicinano le ore piccole, ma
non possiamo lasciarli andare così. Ci fanno aspettare. Amedeo
indossa una fedora, parlano tra loro, vedo le loro sagome scure ormai
dietro le quinte. Ad uno ad uno salgono nuovamente sul palco.
Controllo volumi, controllo microfoni, «Check, one two, one two».
Ci siamo. Amedeo comincia a cantare. Il riverbero alla voce, le luci
che infilzano come spade argentate i membri della band e quel basso
ritmato, ci portano dentro a un trip. L’ultimo per questa sera.
Un’altra canzone e si lasciano andare in una strumentale che è un
po’ un epilogo.
La prima serata della seconda edizione di Zanne
Festival termina così. O perlomeno, termina così il surreale live
dei tre Blonde Redhead. Poi c’è l’altrettanto surreale ritorno a
casa di chi è rimasto sotto al palco tutto il tempo, spiaccicato
sulle casse, con la testa fra le favole.