Magistrati, avvocati, notai. Percorsi diversi scelti per motivazioni diverse, ma che cominciano tutti dagli studi in Giurisprudenza. Come raccontano quattro professionisti alle possibili future matricole durante l'Open day del dipartimento
Magistrati, avvocati, notai. Percorsi lavorativi che cominciano tutti dallo stesso punto, gli studi in Giurisprudenza, per poi prendere strade diverse. Sono Le professioni legali, tema di uno degli interventi di orientamento all'Open day del dipartimento di Giurisprudenza, dove sono intervenuti diversi professionisti, ognuno con la propria esperienza e i personali consigli alle future matricole.
Il magistrato Santino Mirabella. Parola d'ordine: Passione. «Le cose si fanno per passione e non per dovere. Il diritto è qualcosa di eccezionale, ma devi amarlo, devi essere dentro», racconta il giudice. Con le idee chiare sin dalla sua iscrizione in una facoltà «che tutti mi dicevano essere spersonalizzante. Ma ce l'ho fatta lo stesso, impegnandomi con il cuore».
L'avvocato Andrea Libranti. Parola d'ordine: Curiosità. «Quando mi sono iscritto all'università, non avevo la precisa idea di cosa volevo fare. Uno svantaggio, certo, ma anche una situazione che non preclude la possibilità di svolgere con profitto e interesse la propria professione». L'avvocato tributarista, «una materia che allora mi sembrava indigeribile, ma il mio consiglio è di ampliare al massimo l'ambito delle vostre conoscenze. Siate curiosi».
Il magistrato Domenica Motta. Parola d'ordine: Il sogno. «Ho deciso che avrei fatto il magistrato a 16 anni. Perché ero attratta dal processo penale, dove si discute di minori contesi e risarcimenti milionari. Non mi sembra affatto strano, io ho capito di voler essere protagonista».
Il notaio Sofio Rio. Parola d'ordine: Il merito. «Di solito il commento degli amici, quando ho deciso di fare il notaio, era "Non ce la farai, ci riesce solo chi è figlio di notaio". Io non sono figlio di notaio né avevo avvocati in famiglia, ho studiato bene, bene davvero, e ho fatto un concorso». Così come più dell'80 per cento dei professionisti del settore, spiega Rio.