Iniziano gli appuntamenti didattici per aiutare gli alunni delle scuole medie superiori nel delicato passaggio all'università. A spiegare il collegamento tra vita e ambiente liquido, specie quello interno, è il professore Vincenzo Perciavalle, docente del dipartimento di Scienze biomediche e biotecnologiche
La vita è nata nel mare. L'acqua rappresenta il costituente principale di tutte le forme di vita conosciute e una sufficiente disponibilità di acqua è una condizione indispensabile per la vita. L'acqua possiede un elevato coefficiente termico per cui non esistono nel mare sbalzi di temperatura così elevati come nell'ambiente extramarino. L'acqua è anche un ottimo solvente per molte delle sostanze che gli servono, come anche per eliminare i diversi prodotti di rifiuto delle attività cellulari.
Quando un organismo pluricellulare si trova a vivere in un ambiente non acquatico, tutti questi vantaggi scompaiono, e le cellule che lo costituiscono si trovano di fronte problemi assai difficili da risolvere. È stato allora intuito che le cellule di un organismo pluricellulare extramarino non sono direttamente a contatto con l'inospitale ambiente esterno, ma che invece vivono immerse in un "ambiente interno" liquido, con approssimativamente gli stessi vantaggi dell'ambiente marino primordiale. Naturalmente questo ambiente interno non possiede dimensioni praticamente infinite come il mare, per cui le sostanze in esso presenti, verranno rapidamente consumate dall'attività delle cellule che vi vivono, attività che inoltre porterà alla produzione di un insieme di sostanze di rifiuto che vi si andranno accumulando. Ciò determinerà un rapido modificarsi delle caratteristiche chimico-fisiche dell'ambiente interno che potrebbe diventare incompatibile con la vita delle cellule.
Vincenzo Perciavalle è ordinario di Fisiologia al dipartimento di Scienze biomediche e biotecnologiche dell’Università di Catania.