Sarà visitabile fino al 10 ottobre, al Castello Ursino, la mostra curata dalla storica dell'arte Barbara Mancuso e realizzata con dottorandi, laureati e studenti del dipartimento di Scienze umanistiche dell'Università di Catania. In mostra anche un dipinto di El Greco
«Ad ogni istante si riscontra in questa collezione, come in tutte quelle dei monaci, l'istinto della formica che raccoglie ed accumula indiscriminatamente e con la stessa passione il chicco di grano e l'inutile pezzo di legno: felice istinto questo, da cui sono nate le prime collezioni», così Dominique Vivant-Denon, futuro direttore del museo del Louvre, avrebbe ricordato il museo dei padri benedettini nel Monastero di San Nicolò l'Arena a Catania, dopo averlo visitato nel 1779.
Costituito da diverse sezioni e già esistente negli Anni 40 del XVIII secolo, il museo comprendeva infatti diverse tipologie di oggetti - terracotte e maioliche, quadretti su diverso supporto, arredi di squisita fattura, bronzetti moderni, armi, avori, “curiosità” - ma anche, accanto alle raccolte di antiquaria e a quelle di storia naturale, una serie di dipinti la cui analisi è stata finora trascurata anche a causa dei dubbi sull’identificazione delle opere. Solo recentemente gli studi sulla storia della formazione della collezione hanno consentito di definire meglio la consistenza, in particolare, delle raccolte artistiche.
Questa speciale collezione sarà esposta al Museo civico del Castello Ursino di Catania fino al 10 ottobre 2017, in occasione della mostra "L'istinto della formica - Arte moderna delle collezioni benedettine dai depositi del castello", curata dalla professoressa Barbara Mancuso, docente di Storia dell'arte moderna al dipartimento di Scienze umanistiche dell'Università di Catania e realizzata con la collaborazione di dottorandi, laureati e studenti del Disum: Salvo Pistone Nascone e Giuseppe Fiaccola, dottorandi in "Studi sul patrimonio culturale"; Alberto Rapisarda, Olga Vigo, Alessandra Rustico, laureati in "Storia dell’arte e beni culturali" e Sandra Condorelli, laureanda dello stesso corso magistrale; Emanuele Liotta, studente di Storia dell’arte iscritto alla Scuola Superiore di Catania, e Federica Torrisi, laureata in Beni culturali (corso triennale).
La mostra è una prima presentazione al pubblico dei recenti risultati delle ricerche condotte al Disum, al fine di suggerire un'immagine complessiva della ricchezza e sorprendente varietà delle collezioni originarie. Obiettivo primo era però l'identificazione delle opere citate dalle fonti documentarie e letterarie che ha consentito di ricostruire la consistenza di quella «ricca pinacoteca» benedettina, descritta da Francesco di Paola Bertucci nel 1846 e ammirata in tutte le descrizioni della città, che per la prima volta è stata riunita per essere mostrata al pubblico e resa disponibile agli studi.
Si potranno così vedere insieme a dipinti già noti e regolarmente esposti come il Profeta di Ribera, due Storie del buon Samaritano del pittore caravaggesco siracusano Mario Minniti, recentemente ricondotte all'artista sebbene da tempo nei depositi; si potranno meglio considerare opere come l’Adamo ed Eva che piangono la morte di Abele da cui è emersa in questa occasione la data 1717; ammirare uno splendido Tobiolo e l'angelo; rivedere il Ritratto di gentiluomo di Domenico Theothokopoulos, detto El Greco, da troppo tempo dimenticato: un piccolo intenso dipinto del grande artista cretese di nascita e italiano di formazione, ma infine spagnolo di elezione, geniale e visionario interprete dell’autunno del Rinascimento mediterraneo.