Lezione della storica Marta Petrusewicz sul "genere di progresso nel XIX secolo" al dipartimento di Scienze umanistiche
Come in una sorta di danza macabra, «in un mondo stregato, deformato e capovolto, si aggirano i fantasmi di Monsieur le Capital e di Madame la Terre, come caratteri sociali e insieme direttamente come pure e semplici cose»… Per Marta Petrusewicz, insigne storica dell’Università della Calabria, con esperienze di docenza anche a Harvard e a Princeton, l’immagine resa da Marx nel libro terzo del Capitale forse è quella che rende meglio il rapporto contrastato ma pur sempre intimo, quasi di coniugio, tra il modello di sviluppo industriale e quello agrario, che tennero banco nel XIX secolo.
Lunedì 30 ottobre 2017 Petrusewicz ha tenuto una lezione nel Coro di notte del Monastero dei Benedettini, nel corso di un incontro che è stato promosso dal dipartimento di Scienze umanistiche dell’Università di Catania, nell’ambito del ciclo “I metodi della Storia”, dalla Scuola Superiore di Catania, dalla Fondazione Giuseppe e Maria Giarrizzo, dalla Fondazione Domenico Sanfilippo Editore e con il patrocinio del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo.
Dopo l’introduzione della direttrice del Disum Marina Paino e della prof.ssa Lina Scalisi, ordinaria di Storia moderna e coordinatrice della classe di scienze umanistiche e sociali della Scuola Superiore, ha illustrato alcune linee della propria ricerca disciplinare, attraverso la quale propone di «vedere nell’Ottocento piuttosto che il trionfo della borghesia, ossia la classe fautrice di un modello di modernizzazione legato al ruolo della crescente industria e del mercato».
«Dal mio punto di vista periferico – ha precisato -, analizzando realtà quali Norvegia, Polonia, Irlanda e Regno delle Due Sicilie, cerco di esplorare un secondo modello di sviluppo e modernizzazione, che si lega a una serie di visioni teorie e pratiche economiche, anche globali, basate sull’agricoltura. Fino agli anni ’60 – '80 dell’800, non era affatto ovvio che il modello industriale sarebbe stato quello vincente».
L’industria e l’agricoltura sono dunque entrambi, per la storica, dei discorsi di modernizzazioni che partono dai presupposti settecenteschi comuni, anche se li interpretano in modo diverso, in un costante scontro ravvicinato ma affatto armonico.
Ciò che stupisce è il linguaggio che fu utilizzato per distinguere questi due modelli: di genere maschile per il modello industriale, femminile per quello agrario. I linguaggi maschile e femminile, per la storica, sono quelli che corrispondono a nuove teorie sociali e familiari ottocentesche, che parlano delle sfere (sfera domestica, sfera pubblica), ma non implicano una scontata sottomissione del femminile al maschile, un’opposizione sì, invece. Signor Capitale e Signora Terra, appunto.
L’analisi di Petrusewicz tiene conto di un ultimo dato, che diventa un proficuo strumento di indagine. Questo linguaggio di genere è stato fatto proprio anche dagli scrittori dell’epoca, non soltanto dagli autori di teorie economiche, ma soprattutto dai romanzieri che, come accade spesso, si dimostrano gli osservatori più perspicaci della Storia.