Due giornate di studi promosse dalla Sissco e dall'Università di Catania per inaugurare un percorso di ricerca storica sull'immediato Dopoguerra, a partire dal referendum del 2 giugno 1946
Il referendum del 2 giugno 1946, grazie al quale i cittadini scelsero la nuova forma istituzionale del Paese, rappresenta il punto partenza di un'ampia indagine che si articola su varie tematiche: le culture e le rappresentanze politiche, il contesto internazionale e i territori locali, i linguaggi e le rappresentazioni, le memorie e le ritualità che stanno a fondamento della storia della Repubblica.
Sono questi i temi al centro del progetto di ricerca dal titolo "2 giugno 1946 - Nascita, storia e memorie della Repubblica" che ha preso il via a Catania con il convegno inaugurale che si è svolto giovedì 31 maggio e venerdì 1° giugno 2018 all'Università di Catania. L'iniziativa -organizzata dalla Società italiana per lo studio della Storia contemporanea (Sissco), dai dipartimenti di Scienze politiche e sociali e di Scienze umanistiche dell'Università di Catania, dall'Issico e dalla Società di Storia Patria della Sicilia Orientale - è stata curata dagli storici Salvatore Adorno, Pinella Di Gregorio, Paolo Gheda e Maurizio Ridolfi.
I lavori del convegno che ha dato il via al percorso di ricerca (selezionato dal Comitato per le ricorrenze della Presidenza del Consiglio dei Ministri), e che vede il coinvolgimento di circa quaranta ricercatori, sono stati inaugurati giovedì 31 maggio, nell'aula magna del Palazzo Centrale dell'Università di Catania, alla presenza del rettore Francesco Basile e del prorettore Giancarlo Magnano San Lio. Ospiti della speciale ricorrenza sono stati Giuliano Amato, giudice della Corte Costituzionale dal 2013 e presidente del Consiglio dei ministri dal 1992 al 1993 e dal 2000 al 2001, e la prof.ssa Mariuccia Salvati (Università di Bologna), che hanno tenuto una lectio magistralis.
«Amo la storia - ha premesso Amato - e qualunque questione da affrontare cerco sempre di collocarla nella sua dimensione storica. Tuttavia, non essendo uno storico di professione, cercherò di guardare alla vicenda del referendum Monarchia-Repubblica soprattutto da un punto di vista giuridico-istituzionale, a partire dalle dimissioni irrevocabili di Vittorio Emanuele III, subito dopo la liberazione di Roma, e dalla nomina del Luogotenente del Regno, una figura istituzionale prima inesistente, che attribuisce a se stessa la costituzione dell'ordinamento provvisorio dello Stato, mandando definitivamente in soffitta le preesistenti regole statutarie. I decreti legislativi luogotenenziali diedero vita alla Costituente ma, in un secondo luogo, trasferirono al popolo la scelta definitiva sulla forma di Stato, attraverso il referendum del 2 giugno.
«Le giornate di quel giugno '46 - afferma l'ex presidente del Consiglio - furono sì veramente gravi, per i momenti vissuti e i dilemmi che si dovevano fronteggiare. Niente a che vedere con le presunte difficoltà istituzionali della fase attuale».
La prof.ssa Salvati ha cercato di spiegare il "miracolo della nascita della Repubblica", grazie al voto di cittadini con esperienze diverse ma con speranze comuni, che «sono state però sempre messe in secondo piano rispetto alle diversità».
«Vent'anni fa, negli anni '90 - ha detto - gli storici hanno dibattuto profondamente sulle ragioni della crisi del sistema dei partiti emersi dalla guerra, e le difficoltà attuali credo abbiano a che fare proprio con quanto è avvenuto in quegli anni in relazione al ruolo dei partiti politici che sono dentro la Costituzione e per certi versi sono riconosciuti come soggetti responsabili della tenuta democratica e della stessa educazione civica dei cittadini».
Salvati ha richiamato anche l'atteggiamento etico e il patto tra generazioni che stava alla base dell'accordo costituente tra forze politiche divergenti, e la nascita di un welfare dei cittadini quasi in contemporanea in tutte le società europee nel dopoguerra, avviando un percorso che è però sfociato, a causa del cambiamento delle congiunture economica e politica, nel fallimento del tentativo di dar vita a una Costituzione dell'Unione europea.
Il convegno di Catania, con cui si è inaugurato ufficialmente il progetto, intende essere il momento iniziale per una puntuale ricognizione sullo stato degli studi, in grado di metterne a fuoco risultati e mancanze, con l’obiettivo di far emergere le linee guida da seguire nella ricerca del successivo triennio. Percorso che parte volutamente da Catania, dal Sud, che rappresentò l’area di minor consenso alla scelta repubblicana del 1946 e che tuttavia nei successivi decenni, pur scontando una persistente debolezza socio-economica, si è finalmente agganciato al resto del Paese.
Venerdì 1°giugno i lavori sono proseguiti al dipartimento di Scienze umanistiche con gli interventi degli storici Pierluigi Ballini (Università di Firenze), Antonio Varsori (Università di Padova), Patrizia Dogliani (Università di Bologna), Patrizia Gabrielli (Università di Siena), introdotti dal direttore del Disum Marina Paino e moderati da Pinella Di Gregorio.
Pierluigi Ballini, "Le culture politiche italiane tra Repubblica e Monarchia":
Antonio Varsori, "Il quadro comparativo internazionale":
Patrizia Dogliani, "Il referendum del 2 giugno visto dall’estero":
Patrizia Gabrielli, "Suffragio femminile e cittadinanza":
Nel pomeriggio, i lavori si sono spostati al Dipartimento di scienze politiche e sociali, con gli interventi di Christoph Cornelissen (Università di Francoforte), Paolo Gheda (Università della Valle d'Aosta), Rosario Mangiameli (Università di Catania), Marcello Ravveduto (Università di Salerno) e Giuseppe Barone (Università di Catania), introdotti dal direttore del Dsps Giuseppe Vecchio e moderati dal prof. Salvatore Adorno.
Christoph Cornelissen, "Rituali repubblicani in Germania e Italia. Una prospettiva comparata":
Paolo Gheda, "Il referendum nei quadri politici locali":
Rosario Mangiameli, "La Sicilia e il referendum":
Marcello Ravveduto, "Il coordinamento delle fonti e la comunicazione del progetto #2giugno":
Le conclusioni sono state affidate al prof. Giuseppe Barone (Università di Catania):