Lo studioso, uno dei più apprezzati storici del nostro tempo, è stato ospite dell'Ateneo per due incontri ai Benedettini e alla Scuola Superiore di Catania
Lo studioso inglese Peter Burke, considerato uno dei maggiori storici del nostro tempo, è stato ospite dell'Università di Catania dove ha tenuto due conferenze: ai Benedettini e alla Scuola Superiore di Catania.
Nell'incontro dal titolo "I fuoriusciti nella storia della conoscenza", primo incontro del ciclo di seminari “I metodi della storia”, ideato dalla prof.ssa Lina Scalisi per discutere alcune delle questioni che sono state al centro della riflessione di Giuseppe Giarrizzo, lo storico, professore emerito all'Università di Cambridge, ha parlato agli studenti di diaspore, esilio e migrazioni dal 1500 ad oggi.
"Mentre ci muoviamo verso il futuro vediamo il passato da nuovi angoli" ha spiegato lo studioso. "La storia delle diaspore è fatta di esuli e di espatriati, che lasciano la loro patria per scelta o per necessità: una distinzione talvolta problematica ma utile".
Ospite della Scuola Superiore, Burke propone in questa lecture un bilancio su cosa era e cosa è diventata la "Storia culturale", individuando tre fasi: un lungo periodo di interesse per la storia delle arti e delle scienze a partire dagli anni Cinquanta del Novecento, un focus sulle culture popolari tipico degli anni Sessanta e successivi, la straordinaria espansione di prospettive della fase più recente.
Lo storico inglese inizia risalendo alla Kulturgeschichte nella Germania del Settecento, come studio delle connessioni tra le diverse arti e scienze: "Il capolavoro di questa tradizione fu il saggio di Jacob Burckhardt su La civiltà del Rinascimento in Italia (1860). Tuttavia, in un'epoca di nazionalismi, all'interno delle università la storia politica degli Stati-Nazione ebbe a lungo la meglio. Negli anni Cinquanta del Novecento in Gran Bretagna, a Oxford, si creò una piccola nicchia di studi di storia culturale, soprattutto sul Rinascimento italiano. Fu così che entrai nel campo della storia culturale".
Proseguendo nella sua rassegna sugli sviluppi dei Cultural Studies, Burke sottolinea che gli anni Sessanta furono un momento di intenso entusiasmo per la storia sociale: "Fu così che l'approccio più ovvio mi sembrò quello di una storia sociale della cultura e pubblicai una biografia collettiva di quella che ho chiamato un'élite creativa (The Italian Renaissance, 1972). Negli anni Sessanta cominciò inoltre ad aumentare l'interesse per la cultura popolare. Era stato pubblicato un libro famoso, The Uses of Literacy (Gli usi dell'alfabetizzazione) di Richard Hoggart e l'influenza si fece sentire anche in ambito marxista con l'uscita di The Making of the English Working Class di E. P. Thompson, che costò all'autore accuse di culturalismo proprio in ambito marxista".
La svolta successiva - prosegue Burke - avvenne negli anni Ottanta con l'avvento della Nouvelle Histoire (Le Goff, Chartier) in Francia e della NCH (New Cultural History) negli Stati Uniti: "Il mio Scene di vita quotidana nell'Italia moderna - coi suoi semplici artigiani, mignotte, ladri, mendicanti e vagabondi - risente del clima di quegli anni". La parte finale dell'ampio excursus di Peter Burke è dedicata ai nuovi campi della storia culturale negli ultimi vent'anni: la storia della memoria, la storia dei media, la storia dei sensi e - ultima e non meno importante - la storia della conoscenza (vedi il suo A Social History of Knowledge, 2000).