Il professore Rosario Faraci, ordinario di Economia e Gestione delle Imprese all'Università di Catania, conduce una conversazione con il regista del documentario e autore del libro "In me non c'è che futuro. Ritratto di Adriano Olivetti" sul più grande imprenditore privato della storia moderna d'Italia
"In me non c'è che futuro. Ritratto di Adriano Olivetti" è il titolo del libro e dell'omonimo film documentario realizzato da Michele Fasano, regista e produttore indipendente, che dopo quattro anni di ricerca sulla figura di Adriano Olivetti, molti dei quali spesi a fianco di Francesco Novara, ha dato vita a un'opera imponente sul più grande imprenditore privato della storia moderna d'Italia.
Fasano è stato ospite del dipartimento di Economia e Impresa dell'Università di Catania (giovedì 16 aprile 2015) nell'ambito del convegno conclusivo di un progetto promosso dal Lions Club Catania Mediterraneo, in collaborazione con gli Atenei di Catania, Messina, Palermo e Kore di Enna.
In video, il prof. Rosario Faraci, ordinario di Economia e Gestione delle Imprese all'Università di Catania, conduce una conversazione con Michele Fasano: «Adriano Olivetti - spiega il regista - fu un fantastico imprenditore, figlio d'arte (di Camillo, il fondatore, e padre di Roberto che vi subentrò alla morte), che in 20 anni porta l'azienda all'apice mondiale, sperimentando sin da subito modelli organizzativi che possono essere considerati innovativi ancora oggi».
La Olivetti fu infatti una grande azienda, che diede lavoro fino a 40.000 persone, pioniera e antesignana di straordinari cambiamenti che, con la produzione dei personal computer, stavano per realizzarsi nel mondo dell'informatica, anche se il suo nome sui mercati rimane legato alla produzione delle macchine per scrivere e delle calcolatrici: «Già nel '59 - racconta Fasano - avevano realizzato il primo computer da tavolo, una scatola di 60 centimetri per 40 per 30, lo stesso che fu utilizzato sull'Apollo 11 e permise di arrivare sulla Luna».
«Fu un grande innovatore sociale - prosegue -, il suo fu il più avanzato modello di integrazione fra territorio e impresa. Fu un imprenditore innovativo, visionario, geniale e fautore di una politica di gestione delle risorse umane che si ricorda ancora sui libri. Fu capace di portare il modello di welfare dentro l'azienda e di aprire l'azienda al territorio, in una sinergia di valori e principi di responsabilità sociale che è tipica dell'idea di comunità».