La settima lezione del prof. Luperini al Disum è una strenua difesa del valore della storiografia letteraria: non un racconto inerte ma un resoconto del conflitto delle interpretazioni che si è svolto lungo i secoli e che continua a svolgersi
Il prof. Romano Luperini presenta agli studenti del corso di laurea magistrale in Filologia moderna del Disum il "curioso" destino della storiografia letteraria, un genere costretto a interrogarsi di continuo sulla propria legittimità.
Praticata scolasticamente da quasi due secoli, la storiografia letteraria è sempre stata posta in discussione, pur avendo un ruolo importante nel panorama culturale, poiché ridefinisce il passato. Essa opera nuove selezioni delle opere e degli autori, proponendo un "canone" sempre nuovo. «Il disprezzo per la storiografia letteraria che c’è in alcuni “raffinatissimi” cultori delle lettere, che la disprezzano come cosa vile da relegare agli studenti e da escludere tra le persone dotte, questo disprezzo io non lo condivido e l’ho sempre combattuto. Dietro c’è un’idea privatistica o snobistica della letteratura, quello che conta è il mio rapporto personale con quel testo, la posizione dell’insegnante non può essere quella di questi elitari perché ha a che fare con la comunità che questo bisogno di selezione per determinare una memoria lo avverte. Unica sul momento, perché la memoria selettiva cambia di continuo. Ogni generazione scrive le sue storie letterarie diverse da quelle della generazione precedente perché cambiano valori, idee gusti, nascono nuove scoperte, la filologia scopre opere nuove. Secondo me la storia della letteratura è un’operazione di critica letteraria come il saggio monografico. È un atto eminentemente ermeneutico e interpretativo, seleziona, propone, salva dall'oblio un determinato patrimonio attribuendogli significato e valore».
La storiografia letteraria ha, secondo Luperini, la sua ragione di esistere nel bisogno che ogni comunità avverte di definire la propria memoria storica. Ogni corpo sociale ha bisogno di istituti che diano una relativa stabilità ai propri saperi e al proprio patrimonio culturale e la storia letteraria lo fa indicando un canone letterario valido, una selezione di autori espressione dello spirito della comunità di cui è espressione.
«I mutamenti di gusto e di cultura e anche le ingerenze della politica culturale, fanno sì che certe tendenze diventino attuali mentre prima non lo erano, che certi autori diventino importanti mentre prima non lo erano e autori che prima erano importanti cessino di esserlo. La storiografia letteraria esprime la memoria selettiva di una determinata comunità in campo letterario. E quindi è sempre legata alla proposta e alla definizione di un canone ed è rivolta a coloro che operano nelle istituzioni sociali che tramandano il canone».
Convinto del ruolo fondante che la cultura, in special modo quella letteraria, svolge per la società civile il prof. Luperini conclude la sua lezione offrendo alla platea di studenti uno spunto di riflessione sull'attualità: «la classe dirigente, fino a quarant'anni fa, si riconosceva in un patrimonio letterario oggi non si riconosce in nulla se non nella legge dell’economia. Io non dico che bisogna riconoscersi per forza nell'identità di una tradizione letteraria, ma in una identità bisogna pur riconoscersi, però oggi questo bisogno sembra entrato in crisi, ognuno va a caccia di farfalle sotto l’arco di Tito, allegramente, “sembrano tanti condannati a morte che ballano sull'orlo del baratro” questa è l’apparenza che dà oggi la classe dirigente».